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Materiali Stampa  |  19 Maggio 2019

La scienza al servizio della democrazia e Semi di: al Food&Science Festival due occasioni di riflessione tra democrazia, agricoltura e prospettive future

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19 maggio 2019. Quello italiano è uno dei pochi parlamenti democratici a non avere un servizio di comunicazione scientifica per i suoi membri: occasionalmente si avvale di scienziati attraverso audizioni su singoli temi, ma questo non basta per fronteggiare le sfide lanciate da scienza e tecnologia. Per questo il 2 aprile scorso è nata #ScienzaInParlamento, iniziativa indipendente di un gruppo di ricercatori, scienziati e giornalisti. Lo scopo è quello di richiedere attraverso una petizione sul sito change.org che il Parlamento italiano si doti di un ufficio dedicato alla comunicazione della scienza. Da qui è partito lo scambio di idee su scienza e democrazia che ha animato la tavola rotonda La scienza al servizio della democrazia, in programma stamattina al Food&Science Festival di Mantova, che ha visto confrontarsi giornalisti e scienziati sul palco del Teatro Scientifico Bibiena.

 

Proprio uno dei promotori di #ScienzaInParlamento, Luca Carra, giornalista dell’agenzia Zadig, direttore di Scienzainrete e segretario del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, ha incalzato gli ospiti invitando tutti a firmare la petizione. Daniela Ovadia, giornalista scientifica e membro di un progetto europeo sull’impatto sociale dell’innovazione, ha aderito all’appello. In particolare i giornalisti scientifici dalla loro posizione privilegiata di osservatori “fuori dai giochi” della ricerca, ha spiegato Ovadia, sono degli ideali “valutatori di impatto informali”. Il loro contributo sarà sicuramente utile quando lo scopo di #ScienzaInParlamento verrà raggiunto. Così come utilissimo sarà il contributo di organi autorevoli che stanno già lavorando in questo senso. Tra i firmatari della petizione Paola Bonfante, professoressa emerita di biologia vegetale all’Università di Torino, che ha fatto notare come L’Accademia dei Lincei produca già documenti volti a comprendere lo stato attuale della ricerca in vari campi.

 

Ma come devono comportarsi gli stessi ricercatori per promuovere una più chiara comunicazione tra scienza e politica? La risposta per Paolo Vineis, epidemiologo, professore all’Imperial College di Londra e direttore dell’unità di epidemiologia genetica e molecolare dell’Istituto Italiano di Medicina Genomica (IIGM) a Torino, è “istituire procedure corrette, sul modello di quelle dello Iarc”. Queste consistono nell’assoluta trasparenza nei confronti del pubblico, nel basare tutti i risultati su prove scientifiche e nell’evitare conflitti d’interesse. L’applicazione di queste procedure contribuisce infatti a creare consenso all’intero della comunità scientifica. Questa diventa così autorevole agli occhi dei cittadini di un Paese democratico, evitando qualsiasi forma di autoritarismo, atteggiamento per eccellenza anti-democratico.

 

La platea, internazionale anch’essa come il palco, ha preso parte attiva al dibattito con una serie di domande che hanno portato l’attenzione sul concetto di cittadinanza scientifica. A livello politico è importante che non solo i parlamentari, ma anche i cittadini abbiano una cultura scientifica. Più i cittadini sono informati, più consapevoli saranno le scelte che faranno. È questo il senso del commento di Jonathan Silvertown, docente di ecologia evoluzionistica presso l’Institute of Evolutionary Biology dell’Università di Edimburgo e apprezzato divulgatore scientifico.

 

A fine incontro, un grande insegnamento viene dato dal Premio Pulitzer Deborah Blum, editorialista del New York Times e direttrice del Knight Science Journalism Program al MIT di Boston: è importante sapere che non sappiamo tutto”. Per ottenere una diffusa cultura scientifica bisogna innanzitutto ammettere a noi stessi, indipendentemente dal ruolo dal grado di istruzione, che ci sono cose che non conosciamo. È questo il primo passo verso l’ampliamento delle proprie conoscenze.

 

Il pubblico del Festival si è quindi preparato per l’ultimo incontro del ciclo Semi di..., in cui ogni relatore ha lanciato un’idea, una provocazione, un seme che vorrebbe germogliasse nelle menti del pubblico.

Quello lanciato dal presidente di Confagricoltura Giovani Andrea Carlini è un seme di cambiamento: l’immagine bucolica dell’agricoltura è uno stereotipo che va sostituito. I giovani di Confagricoltura si pongono questo obiettivo, proponendosi come divulgatori di innovazione e scienza, elementi essenziali del settore agroalimentare. Questo stereotipo va cancellato anche secondo Pierdomenico Perata, professore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il suo intervento si è focalizzato sull’importanza delle piante per la nostra sopravvivenza: nonostante il loro ruolo sia fondamentale, non ce ne curiamo molto. Quando si vede una foto con molte piante e un solo animale la nostra attenzione si focalizza solo su quest’ultimo. Questo per ovvie ragioni evolutive: è chiaro che abbiamo più paura che di essere mangiati da un leone, rispetto ad una pianta. Il nostro istinto ci porta a osservare ciò che, almeno per i nostri antenati, poteva essere un pericolo diretto.

 

In vista del previsto aumento della popolazione mondiale fino a 10 milioni, è necessario che la nostra attenzione nei confronti delle piante cambi. Occorre conoscerle meglio e ottenere da loro il massimo della produttività sfruttando tutte le conoscenze tecnologie in nostro possesso compreso il recentissimo gene-editing. Per far questo bisognerà superare la percezione negativa che l’opinione pubblica ha dell’innovazione in agricoltura, al contrario di quanto avviene per altri settori. “Vogliamo mangiare il cibo della tradizione ma non vogliamo usare il telefonino della tradizione. Vogliamo il telefonino innovativo ma non il cibo innovativo” nota Perata, strappando più di un sorriso dal pubblico.

 

Allo stesso tempo non bisogna dimenticarsi della sostenibilità, dato che assieme all’aumento demografico, la sfida principale che l’agricoltura deve affrontare sono i cambiamenti climatici. Ma come coniugare tecnologia e sostenibilità? La ricetta di Perata è chiara: “L’agricoltura del futuro deve essere più genetica, meno chimica, deve usare meno energia e meno macchine. Per ottenere così più produzione con meno lavoro”.

 

 

IL FESTIVAL

Promosso da Confagricoltura Mantova, ideato da FRAME – Divagazioni scientifiche e organizzato da Mantova Agricola, il Food&Science Festival si avvale di Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Regione Lombardia, Comune di Mantova, Camera di Commercio di Mantova, Fondazione BPA Poggio Rusco, CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università degli Studi di Torino, Fascination of Plants Day 2019, Università di Parma, Parco del Mincio, Confcommercio Mantova e Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Mantova come partner istituzionali; Intesa Sanpaolo, Fondazione Banca Agricola Mantovana, Syngenta, Gruppo Tea, Esselunga, Consorzio Tutela Grana Padano, Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano e Granarolo come main partner; Focus e Landini come partner; De Simoni come sponsor; Mail Boxes ETC Mantova, Pool Pack e Assosementi come supporter; Focus Junior, Rai Radio3, Radio Pico e Radio Viva FM come media partner. Tea Acque è l’acqua ufficiale della manifestazione. Il Festival si avvale inoltre della collaborazione di Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, Istituto di Genomica Applicata, Fondazione Umberto Veronesi, Società Italiana di Genetica Agraria, Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (IPSP) -CNR- e Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi -Università degli Studi di Torino- e Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.