Programma Edizione 2020
Relazioni pericolose. Dal pangolino alle penne lisce, come la pandemia ha cambiato il nostro rapporto col cibo
Un mercato a cielo aperto a Wuhan. Uno dei tanti, in Cina, a ospitare la compravendita di animali selvatici per scopi alimentari. Questo lo scenario da cui sembra aver preso le mosse l’attuale pandemia di Coronavirus. È il primo (almeno in ordine temporale) indice della stretta relazione tra discorsi sul Covid-19 e discorsi sul cibo. Perché parlare di Coronavirus significa parlare di sicurezza alimentare, e quindi di igiene e di contagio, di purezza e di pericolo. Parlare di Coronavirus significa parlare dei supermercati presi d’assalto alla vigilia di ogni nuovo decreto legge, con esaurimento prima delle scorte di pasta, poi della farina e del lievito. Parlare di Coronavirus significa parlare di commensalità, quella perduta delle festività pasquali e quella (ri)trovata della quotidianità, tra nuclei familiari raccolti intorno al desco più di quanto non accadesse nella frenesia lavorativa prepandemica.
Parlare di Coronavirus, in definitiva, significa recuperare la portata politica dell’alimentazione, vittima silenziosa della spettacolarizzazione ossessiva che è andata crescendo nell’ultimo decennio. È questo ciò che sembrano chiederci i diversi aspetti della crisi che stiamo vivendo. Ed è questo che, inevitabilmente, ci chiederà ciò che vi farà seguito.
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L’ingresso a questo evento è libero fino a esaurimento posti.